Enrico Reggiani (Milano)
Liederjahr = Shakespeare-Jahr: Robert Schumann e l’op. 127 n. 5 (1840)

 

La presente relazione è la terza e ultima parte di una ricerca cultural-musicale dedicata alla recezione compositiva schumanniana del pensiero e dell’opera di Shakespeare. Le precedenti relazioni, accettate e presentate nel corso delle edizioni 2015 e 2016 del Colloquio di Musicologia del “Saggiatore Musicale”, erano dedicate, rispettivamente, all’op. 21 n. 3 per pianoforte e all’op. 128 per orchestra del compositore di Zwickau. Quest’ultimo contributo intende invece esaminare una terza traccia shakespeariana in Schumann: lo Schlusslied des Narren aus Was ihr wollt (W. Shakespeare) op. 127 n. 5; i tre contributi confluiranno in un unico e ampio saggio monografico. 

 

A differenza dell’op. 21 n. 3 per pianoforte e dell’op. 128 per orchestra, in cui i rimandi shakespeariani sono affidati al medium strumentale e orchestrale (dunque, testualmente indiretto e implicito), lo Schlusslied des Narren aus Was ihr wollt (W. Shakespeare) op. 127 n. 5 presenta un riferimento (inter)testuale diretto ed esplicito all’opera del Bardo: il song cantato dal clown Feste che conclude Twelfth Night, in versione non integrale ma ridotta a tre quartine dalle originarie cinque e nella traduzione di August Wilhelm Schlegel. Si tratta di un numero d’opera relativamente poco conosciuto, dai lineamenti strategici sul piano biografico e compositivo, e dalla vicenda editoriale complessa, per tacere del fatto che, secondo Eric Sams, sarebbe testimone di un’ipotetica influenza di Mendelssohn, la cui ispirazione shakespeariana non aveva eguali .

 

Nella relazione ho cercato di dimostrare come, a dispetto dell’unicità della sua fonte shakespeariana nella cornice dell’opera vocale schumanniana, l’op. 127 n. 5 fornisca la conferma che il cosiddetto Liederjahr (1840) fu in realtà uno Shakespeare-Jahr. Infatti, fu proprio il Bardo a inaugurarlo il 1° febbraio, come attesta la registrazione dell’op. 127 n. 5 come prima composizione liederistica nel Liederbuch di Schumann, e a sorreggerne l’intero arco temporale e creativo fino almeno alla “siebente Woche, 25 bis 31 October”, come dimostra il seguente passo dai Tagebücher: “Die Woche war übrigens eine der stillsten. […] Und so haben wir uns denn einmal in die Lecture gestürzt, zumal in Shakespeare” . 

 

Secondo la prospettiva interpretativa qui proposta, l’op. 127 n. 5 (1840) consolida ulteriormente la già robusta matrice shakespeariana del pensiero schumanniano, fungendo da ponte compositivo tra il pianismo macbettiano dell’op. 21 n. 3 (1838) e il maturo Giulio Cesare orchestrale dell’op. 128 (1851) e conferendo dignità cultural-musicale sia ai primi interessi giovanili per l’“Universalgenie” Shakespeare (1830), sia al progetto dottorale di “Aufsatz über Shakespeares Verhältnis zur Musik, seine Aussprüche, seine Ansichten, die Art, wie er Musik in seinen Dramen anbringt usw., ein äußerst reiches un schönes Thema, dessen Ausarbeitung freilich einge Zeit verlangte, da ich doch den ganzen Shakespeare dazu durchlesen muß” (lettera a G. A. Keferstein, 8 febbraio 1840) , sia, infine, all’ampia sezione shakespeariana del Dichtergarten für Musik (iniziata nel 1841 e conclusa nel 1853).