Ventunesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»
Bologna, 17-19 novembre 2017
Abstracts
Monica Boni (Reggio nell'Emilia)
Sotto la superficie degli stati immobili: il modello ligetiano nella concezione compositiva di Armando Gentilucci
Alla fine degli anni Settanta i paradigmi del timbro-oggetto e del timbro come prolungamento dell’armonia tendevano a convergere. La trasposizione agli strumenti e all’orchestra delle tecniche sperimentate in studio dai compositori elettroacustici aveva stimolato ad elaborare nuove tecniche strumentali e compositive. Il contributo specifico di Armando Gentilucci (Lecce 1939 – Milano 1989) al percorso più generale, eretto sul tronco dell’assunzione del timbro a categoria compositiva principale, colloca il musicista nella categoria dei compositori del suono. In sintonia con la poetica ligetiana dei primi anni Sessanta e con la sua evoluzione nella scrittura microcanonica degli anni ’66-’67, Gentilucci distingue tra uno spessore generato per sovrapposizione di strati di suoni con durate spesso assai lunghe e un “tessuto-oggetto” ottenuto per stratificazione di linee contrappuntistiche. In Mensurale per undici archi del 1977, l’opera – a detta del suo autore – più ligetiana, Gentilucci finalizza il procedimento imitativo rigoroso del ‘canone mensurale’ alla creazione di una musica statica permeata di movimenti interni. Lo studio dei piani formali, dei costrutti e di altro materiale inedito che attesta le fasi preliminari alla composizione, individua nel potenziale generativo di una cellula-intervallo e di un campo di altezze fissate nel registro, esposto all’inizio, la struttura immanente alle configurazioni sonore e nelle tecniche seriali di permutazione delle altezze il mezzo per far proliferare il suddetto materiale d’avvio. Il processo di espansione del “grumo vivente che cresce su se stesso fino a momenti di densità quasi impenetrabile” (A. Gentilucci) soggiace alla percezione di una trasformazione timbrica continua che smobilizza la staticità sonora rendendola cangiante. L’organizzazione delle durate, che avviene in base a rapporti proporzionali simili a quelli che regolavano i canoni mensurali della polifonia del Quattrocento determina la sovrapposizione di strati realizzati con lo stesso contenuto melodico fatto scorrere a velocità differenti. Per effetto di questa sovrapposizione il processo di trasformazione subito dal campo di altezze inerisce sia l’aspetto qualitativo sia la consistenza in termini di numero di altezze. Sul piano percettivo queste trasformazioni del campo, dove prevalgono le altezze comuni sulle discontinuità e le metamorfosi di uno stesso oggetto sonoro avvengono nel trascolorare fra strumenti di taglio diverso, si avvertono come movimento interno ad una superficie statica. Ad uno sguardo più esterno nel confronto diretto dei pannelli polifonici con complessi statici immobili Gentilucci propone il suo “colore del movimento”.